I Nodi cometari
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In tutte le nebulose planetarie troviamo i così detti nodi cometari, affascinanti formazioni ricche di misteri con dimensioni che possono raggiungere e superare quelle del sistema solare. In questo articolo scopriamo cosa sono, come si formano e qual'è il loro destino!
Il telescopio spaziale Hubble ha ripreso e reso possibile lo studio di innumerevoli nebulose planetarie, formatesi dopo una morte lenta e poco spettacolare di una stella di dimensioni medie, più o meno come il Sole.
Grazie all'Hubble possiamo dire che in tutte le nebulose planetarie troviamo i nodi cometari.
Portano questo nome solamente per la loro somiglianza alle comete del sistema solare: un bulbo dalla quale parte una lunga coda a ventaglio. Rappresentano una caratteristica comune dell'evoluzione delle nebulose planetarie. Tuttavia, a causa delle loro piccole dimensioni, purtroppo possono essere osservati solo nelle nebulose più vicine.
I nodi cometari sono delle zone della nebulosa più dense e polverose dell'area circostante.
La parte di questa zona rivolta verso la stella centrale viene ionizzata (wikipedia.org/wiki/Ionizzazione) e illuminata da essa. Il nodo stesso funge poi da schermatura per le radiazioni provenienti dalla stella che non riescono ad oltrepassarlo, generando gli effetti "coda" che vediamo dietro (rispetto alla stella centrale) di essi.
La testa di un nodo, Il globulo centrale, è almeno 1.000 volte più denso del materiale circostante.
Per capire meglio le loro dimensioni facciamo qualche paragone: essi generalmente sono più grandi del sistema solare convenzionale, cioè dell'orbita di Plutone ed hanno una massa paragonabile a quella della Terra. Possono avere forme più o meno allungate, ed essere disposti in maniera più o meno concentrica rispetto al centro della nebulosa e alla stella centrale.
I nodi cometari sono particolarmente importanti perché probabilmente contengono una frazione significativa della massa totale di materiale espulso dalla stella centrale.
Ciò significa che circa la metà di tutto il materiale espulso è intrappolato in uno stato molecolare più denso del resto e si isola dalle radiazioni ultraviolette provenienti dalla stella. Questa protezione fa sì che il materiale all'interno del nodo non venga coinvolto dai processi di fotoionizzazione (wikipedia.org/wiki/Fotoionizzazione) che determinano le caratteristiche e il destino del materiale ionizzato.
Sembrano formarsi presto nel ciclo di vita delle nebulose planetarie che li ospitano, anche se la loro formazione per noi osservatori coincide in realtà solo con il "momento" in cui diventano visibili. Lo vedremo più avanti.
Gli astronomi hanno due ipotesi per spiegare la variazione di densità dei nodi cometari rispetto al materiale circostante della nebulosa. La prima è che all'origine ci sia un meccanismo di instabilità operante a fronte della ionizzazione della nebulosa. L'altra è che siano dovuti ad una disomogeneità nel gas/plasma della superficie della stella che si sta dissolvendo ed allontanando dal nucleo.
I Nodi cometari non sono tutti uguali ma ne esistono di diverse tipologie.
Ad esempio quelli all'interno della nebulosa elica (NGC 7293) e della nebulosa della Lira (M57 - NGC 6720) si sviluppano lungo percorsi molto simmetrici che si allontanano dalla stella centrale come i raggi di una ruota. In particolare se osserviamo bene i nodi della nebulosa elica ci accorgiamo che la parte del bulbo rivolta verso la stella centrale e molto più chiara e luminosa: zone frontali in cui la ionizzazione è molto maggiore che nelle zone posteriori.
I Nodi della nebulosa Eschimese (NG C2392) sono anch'essi a raggiera ma le code sono più irregolare e i bulbi presentano una ionizzazione minore.
Nella nebulosa Manubrio (Dumbbell Nebula - NGC 6853) invece, sono presenti sia nodi simmetrici che noti con direzioni casuali, e poi ancora nodi con code più o meno regolari e nodi senza code vistose.
E ora una stranezza fuori dal comune: i nodi della nebulosa retina (IC 4406). Questi nodi non presentano nessuna disposizione a raggiera rispetto alla stella centrale. Sono completamente disordinati ed assomigliano ad un ricamo scuro sopra alla nebulosa. Inoltre nessun lato dei bulbi presenta una luminosità maggiore ad indicare una ionizzazione!!
Le caratteristiche dei nodi ci permettono di capire la loro posizione all'interno della nebulosa planetaria che li ospita.
Come abbiamo detto le nebulose planetarie sono gusci di gas che si espandono lentamente allontanandosi dalla stella morente al centro della nebulosa e che pian piano si surriscalda. durante questo processo le radiazioni ultravioletta ionizzano la nebulosa in quantità differente a seconda della distanza dei gas, dando origine alla varietà di nodi visti sopra.
In poche parole i confini di ionizzazione crescano di dimensioni con il tempo, e i nodi che inizialmente sono nascosti alla reazione ionizzante vengono alla luce quando il fronte ionizzante li raggiunge. Quindi i nodi si formano nei pressi o all'esterno del fronte di ionizzazione principale quando la nebulosa è piuttosto giovane, per essere successivamente superati dal crescente fronte di ionizzazione. I fotoni e la ionizzazione iniziano così a scolpire il materiale dei nodi modificandone l'aspetto e la natura delle code.
Se ad esempio un nodo non presenta un bordo luminoso sul lato opposto alla stella centrale, allora questo si trova completamente fuori dal limite ionizzante.
Nel caso della nebulosa retina non ci sono emissioni intorno ai nodi. Ciò indica che i nodi si trovano ancora nella parte neutrale della nebulosa.
Nel caso invece di M57, ci emissioni sulle punte dei nodi che si affacciano sulla stella centrale, ma la maggior parte dei nodi sono neutri: ciò significa che anche loro si trovano ancora principalmente nella zona neutrale della nebulosa ma che il fronte di ionizzazione sta iniziando a lambirli.
Nella nebulosa Manubrio invece si vedono una varietà di illuminazioni. Alcuni nodi sono solo delle sagome scure, ciò indica che si trovano ancora al di fuori della parte frontale della ionizzazione.
Altri invece hanno il bulbo fotoionizzati sul lato rivolto verso la stella centrale, ad indicare che si trovano nella parte ionizzata della nebulosa.
Nella nebulosa eschimese, i nodi hanno tutto il bulbo brillanti, mentre le code sono più scure, indicando una posizione molto prossima al fronte ionizzato.
Il destino dei nodi cometari è ancora oggetto di molti studi.
E' molto probabile che il loro futuro dipenda dalla loro dimensioni e dalla loro massa.
Una conseguenza della loro ionizzazione è che sono costantemente sottoposti ad una lenta fotoevaporazione (https://it.wikipedia.org/wiki/Fotoevaporazione).
La situazione è molto simile a quella dei dischi proto-planetari (proplyds, o ovuli do bok) presenti nelle nebulose diffuse come la nebulosa di Orione (M42), dove il il nucleo molecolare del globulo viene riscaldato dai fotoni, causando un lento flusso di gas lontano dal nucleo.
Quando questo gas raggiunge il fronte di ionizzazione dei nodi viene fotoionizzato e riscaldato, poi viene rapidamente accelerato ad una velocità di circa 10 km/s.
Quindi nel giro di qualche migliaio di anni i nodi cometari probabilmente si dissolveranno a causa della continua sollecitazione ed "evaporeranno".
Ma i più grandi di essi potrebbero sopravvivere a tutto ciò e potrebbero finire con il vagare per la galassia sottoforma di piccoli asterodi.
Infatti se la forza ionizzante della stella centrale si esaurisce prima dell'evaporazione dei nodi più massivi, la nebulosa planetaria pian piano diventa sempre più buia, e la sollecitazione sempre minore.
Questo potrebbe aiutare l'aggregazione gravitazionale delle polveri presenti all'interno del bulbo del nodo, che finirebbero per compattarsi sotto il loro peso. Come risultato avremmo una nebulosa planetaria che si affievolisce sempre di più abbandonando nello spazio interstellare i nodi cometari più massicci che nel frattempo sono diventati piccoli asteroidi.
Nebulosa Dumbell - NGC 6853
Nebulosa eschimese - NGC 22392
Nebulosa NGC 7293
Nebulosa della Lyra - M57
Nebulosa IC 4406
Il telescopio spaziale Hubble ha ripreso e reso possibile lo studio di innumerevoli nebulose planetarie, formatesi dopo una morte lenta e poco spettacolare di una stella di dimensioni medie, più o meno come il Sole.
Puoi trovare un approfondimento sulle Nebulose planetarie a questo link: Cosa sono le nebulose planetarie e che segreti nascondono?
Grazie all'Hubble possiamo dire che in tutte le nebulose planetarie troviamo i nodi cometari.
Portano questo nome solamente per la loro somiglianza alle comete del sistema solare: un bulbo dalla quale parte una lunga coda a ventaglio. Rappresentano una caratteristica comune dell'evoluzione delle nebulose planetarie. Tuttavia, a causa delle loro piccole dimensioni, purtroppo possono essere osservati solo nelle nebulose più vicine.
I nodi cometari sono delle zone della nebulosa più dense e polverose dell'area circostante.
La parte di questa zona rivolta verso la stella centrale viene ionizzata (wikipedia.org/wiki/Ionizzazione) e illuminata da essa. Il nodo stesso funge poi da schermatura per le radiazioni provenienti dalla stella che non riescono ad oltrepassarlo, generando gli effetti "coda" che vediamo dietro (rispetto alla stella centrale) di essi.
La testa di un nodo, Il globulo centrale, è almeno 1.000 volte più denso del materiale circostante.
Per capire meglio le loro dimensioni facciamo qualche paragone: essi generalmente sono più grandi del sistema solare convenzionale, cioè dell'orbita di Plutone ed hanno una massa paragonabile a quella della Terra. Possono avere forme più o meno allungate, ed essere disposti in maniera più o meno concentrica rispetto al centro della nebulosa e alla stella centrale.
I nodi cometari sono particolarmente importanti perché probabilmente contengono una frazione significativa della massa totale di materiale espulso dalla stella centrale.
Ciò significa che circa la metà di tutto il materiale espulso è intrappolato in uno stato molecolare più denso del resto e si isola dalle radiazioni ultraviolette provenienti dalla stella. Questa protezione fa sì che il materiale all'interno del nodo non venga coinvolto dai processi di fotoionizzazione (wikipedia.org/wiki/Fotoionizzazione) che determinano le caratteristiche e il destino del materiale ionizzato.
Sembrano formarsi presto nel ciclo di vita delle nebulose planetarie che li ospitano, anche se la loro formazione per noi osservatori coincide in realtà solo con il "momento" in cui diventano visibili. Lo vedremo più avanti.
Gli astronomi hanno due ipotesi per spiegare la variazione di densità dei nodi cometari rispetto al materiale circostante della nebulosa. La prima è che all'origine ci sia un meccanismo di instabilità operante a fronte della ionizzazione della nebulosa. L'altra è che siano dovuti ad una disomogeneità nel gas/plasma della superficie della stella che si sta dissolvendo ed allontanando dal nucleo.
I Nodi cometari non sono tutti uguali ma ne esistono di diverse tipologie.
Ad esempio quelli all'interno della nebulosa elica (NGC 7293) e della nebulosa della Lira (M57 - NGC 6720) si sviluppano lungo percorsi molto simmetrici che si allontanano dalla stella centrale come i raggi di una ruota. In particolare se osserviamo bene i nodi della nebulosa elica ci accorgiamo che la parte del bulbo rivolta verso la stella centrale e molto più chiara e luminosa: zone frontali in cui la ionizzazione è molto maggiore che nelle zone posteriori.
I Nodi della nebulosa Eschimese (NG C2392) sono anch'essi a raggiera ma le code sono più irregolare e i bulbi presentano una ionizzazione minore.
Nella nebulosa Manubrio (Dumbbell Nebula - NGC 6853) invece, sono presenti sia nodi simmetrici che noti con direzioni casuali, e poi ancora nodi con code più o meno regolari e nodi senza code vistose.
E ora una stranezza fuori dal comune: i nodi della nebulosa retina (IC 4406). Questi nodi non presentano nessuna disposizione a raggiera rispetto alla stella centrale. Sono completamente disordinati ed assomigliano ad un ricamo scuro sopra alla nebulosa. Inoltre nessun lato dei bulbi presenta una luminosità maggiore ad indicare una ionizzazione!!
Le caratteristiche dei nodi ci permettono di capire la loro posizione all'interno della nebulosa planetaria che li ospita.
Come abbiamo detto le nebulose planetarie sono gusci di gas che si espandono lentamente allontanandosi dalla stella morente al centro della nebulosa e che pian piano si surriscalda. durante questo processo le radiazioni ultravioletta ionizzano la nebulosa in quantità differente a seconda della distanza dei gas, dando origine alla varietà di nodi visti sopra.
In poche parole i confini di ionizzazione crescano di dimensioni con il tempo, e i nodi che inizialmente sono nascosti alla reazione ionizzante vengono alla luce quando il fronte ionizzante li raggiunge. Quindi i nodi si formano nei pressi o all'esterno del fronte di ionizzazione principale quando la nebulosa è piuttosto giovane, per essere successivamente superati dal crescente fronte di ionizzazione. I fotoni e la ionizzazione iniziano così a scolpire il materiale dei nodi modificandone l'aspetto e la natura delle code.
Se ad esempio un nodo non presenta un bordo luminoso sul lato opposto alla stella centrale, allora questo si trova completamente fuori dal limite ionizzante.
Nel caso della nebulosa retina non ci sono emissioni intorno ai nodi. Ciò indica che i nodi si trovano ancora nella parte neutrale della nebulosa.
Nel caso invece di M57, ci emissioni sulle punte dei nodi che si affacciano sulla stella centrale, ma la maggior parte dei nodi sono neutri: ciò significa che anche loro si trovano ancora principalmente nella zona neutrale della nebulosa ma che il fronte di ionizzazione sta iniziando a lambirli.
Nella nebulosa Manubrio invece si vedono una varietà di illuminazioni. Alcuni nodi sono solo delle sagome scure, ciò indica che si trovano ancora al di fuori della parte frontale della ionizzazione.
Altri invece hanno il bulbo fotoionizzati sul lato rivolto verso la stella centrale, ad indicare che si trovano nella parte ionizzata della nebulosa.
Nella nebulosa eschimese, i nodi hanno tutto il bulbo brillanti, mentre le code sono più scure, indicando una posizione molto prossima al fronte ionizzato.
Il destino dei nodi cometari è ancora oggetto di molti studi.
E' molto probabile che il loro futuro dipenda dalla loro dimensioni e dalla loro massa.
Una conseguenza della loro ionizzazione è che sono costantemente sottoposti ad una lenta fotoevaporazione (https://it.wikipedia.org/wiki/Fotoevaporazione).
La situazione è molto simile a quella dei dischi proto-planetari (proplyds, o ovuli do bok) presenti nelle nebulose diffuse come la nebulosa di Orione (M42), dove il il nucleo molecolare del globulo viene riscaldato dai fotoni, causando un lento flusso di gas lontano dal nucleo.
Quando questo gas raggiunge il fronte di ionizzazione dei nodi viene fotoionizzato e riscaldato, poi viene rapidamente accelerato ad una velocità di circa 10 km/s.
Quindi nel giro di qualche migliaio di anni i nodi cometari probabilmente si dissolveranno a causa della continua sollecitazione ed "evaporeranno".
Ma i più grandi di essi potrebbero sopravvivere a tutto ciò e potrebbero finire con il vagare per la galassia sottoforma di piccoli asterodi.
Infatti se la forza ionizzante della stella centrale si esaurisce prima dell'evaporazione dei nodi più massivi, la nebulosa planetaria pian piano diventa sempre più buia, e la sollecitazione sempre minore.
Questo potrebbe aiutare l'aggregazione gravitazionale delle polveri presenti all'interno del bulbo del nodo, che finirebbero per compattarsi sotto il loro peso. Come risultato avremmo una nebulosa planetaria che si affievolisce sempre di più abbandonando nello spazio interstellare i nodi cometari più massicci che nel frattempo sono diventati piccoli asteroidi.
Nebulosa Dumbell - NGC 6853
Nebulosa eschimese - NGC 22392
Nebulosa NGC 7293
Nebulosa della Lyra - M57
Nebulosa IC 4406
Per capire meglio: